Eco-relax

Anche se la pioggia degli ultimi giorni sembra nasconderlo, anche per quest’anno l’estate si avvicina. In ufficio cominciano le discussioni per avere la settimana di ferie, parte la caccia al volo low cost, si fanno i conti per capire se nonostante la crisi almeno qualche giorno al mare si riuscirà a farlo. Insomma, è tempo di pensare a come recuperare un po’ di energie senza prosciugare il portafoglio. Purtroppo le vacanze ogni anno non solo prosciugano i conti in banca, ma anche l’ambiente che ci circonda. L’ideale sarebbe mandare in vacanza il corpo senza spegnere il cervello. Ecco qualche piccolo consiglio per riposarsi nel rispetto del mondo.

 Chi va piano…: se la destinazione scelta non è troppo lontana, lasciare a casa l’automobile può essere un’ottima soluzione. Verso una città d’arte o una località balneare il treno unisce il risparmio (a meno di utilizzare l’auto a pieno carico dividendo la spesa) al rispetto dell’ambiente: i paesaggi si godono meglio da un finestrino e chissà che non ci sia anche la possibilità di fare qualche nuova conoscenza lungo la strada. Scegliere luoghi di vacanza più vicini non è solo una scelta economica – accorciando gli spostamenti usiamo meno risorse e riscopriamo le bellezze spesso trascurate del nostro paese.

L’appetito vien mangiando: no alle grandi catene di ristorazione. In qualsiasi posto ci si trovi, ci sono sicuramente produttori locali pronti ad offrirci le loro ricette: forse rispetto ad un hamburger si spende qualcosa in più, ma ci guadagneranno la produzione locale, l’ambiente e la nostra salute.

Per gli sportivi: in Europa si è diffuso decisamente negli ultimi anni il cicloturismo. Esistono diversi siti internet e guide specializzate nelle vacanze su due ruote con percorsi adatti a qualsiasi età ed allenamento. Una vacanza all’insegna della salute e della natura può essere una soluzione nuova e sorprendente.

cyclists relax biking outdoors

Il ricordino: la voglia di portare un souvenir da mettere sul frigo o da regalare agli amici è immancabile. Occhio però a cosa compriamo. La maggioranza delle calamite, delle statuine e delle magliette messe in mostra sulle bancarelle per attirare l’occhio dei turisti sprovveduti sono prodotti dall’altra parte del mondo, non hanno niente a che fare con il posto che abbiamo visitato e non abbiamo idea né di chi li abbia fatti né di come li abbia fatti. Molto meglio perdere qualche ora a girare per piccoli negozi, troveremo sicuramente qualcosa di realmente caratteristico – che ci ricorderà veramente le emozioni del viaggio.

Questi sono solo piccoli spunti, la fantasia di ognuno suggerirà chissà quanti altri modi di vivere le vacanze in modo nuovo e rispettoso. Se avete nuove idee condividete e commentate!

Stand by me

«Nella vita di ogni giorno, la sobrietà passa attraverso piccole scelte […] Piccole scelte possibili e salutari, non solo per il corpo e per lo spirito, ma anche per il portafogli perché il passaggio dal consumismo alla sobrietà fa pure risparmiare. Ma il consumismo è così radicato in noi da indurci a comportarci come i tossicodipendenti: con la testa capiamo di dover cambiare, ma alla prova dei fatti rinunciamo» (Francesco Gesualdi, Sobrietà. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti, Milano, Feltrinelli, 2005)

Razionalmente sappiamo che buona parte dei nostri comportamenti quotidiani sono dannosi per il pianeta che abitiamo, per la nostra salute, per le relazioni che viviamo, ma in pochi casi siamo disposti a cambiarli. Rimandiamo indefinitamente il rinnovamento.

Un esempio?

Sono alcuni anni che si presenta ciclicamente alla tv e su internet il problema degli stand by. Ad un certo punto l’esperto di turno ci ripete che quella lucina rossa che rimane accesa tutta la notte, quel piccolo display con l’ora sempre aggiornata sul decoder non servono a niente e sprecano energia elettrica. E non ci mette solo in guardia dallo spreco di elettricità, ma anche di denaro: ogni anno aumenta il costo in bolletta di quella inutile lucina rossa.

Allora perché continuiamo a lasciare il decoder acceso?

Le abitudini acquisite sono sempre difficili da estirpare, ma non per questo bisogna scoraggiarsi. Torniamo a ragionare sul decoder: possiamo pensare che mediamente stia acceso all’incirca tre ore al giorno per farci guardare i nostri programmi preferiti. Per le restanti 21 ore del giorno rimane in stand by, dal momento che la maggior parte non ha un comando di spegnimento totale. Allora, se ragionevolmente possiamo pensare che il consumo in stand by sia la metà di quello in funzione, non ci vorrà un matematico per farci vedere che rischiamo di consumare di più quando la televisione è spenta rispetto a quando la guardiamo. Pagheremo di più per quelle 21 ore di luce rossa che per 3 ore di programmi televisivi.

Soluzioni? Una facile ed economica: le multiprese con interruttore, più prosaicamente le “ciabatte”. Comprare una multipresa da pochi euro, che schiacciando un tasto blocca il flusso di corrente, ci farà risparmiare soldi ed energia; l’avremo ripagata con il risparmio in bolletta già in un paio di mesi. La soluzione è valida per quasi tutti gli apparecchi elettronici: il computer, la radiosveglia, anche alcuni caricatori per cellulari continuano ad assorbire energia quando l’apparecchio è scollegato. Un semplice tasto può cambiare radicalmente i nostri consumi.

Un check-up completo dei consumi elettrici delle nostre case gioverà all’ambiente e al conto in banca.

Pedalate olandesi.

Mentre da noi il sole primaverile inizia a farsi vedere, una notizia che ci ricorda il freddo dell’inverno. Quante volte col freddo del mattino di gennaio la macchina si è rifiutata di accendersi, i pulman sono arrivati alla fermata carichi di gente e solo l’idea di andare a piedi ci ha fatto congelare le ossa? Nella regione di Utrecht, nei Paesi Bassi, hanno trovato la soluzione: andare in bicicletta anche in pieno inverno. Nel paese già famoso per l’uso massiccio delle due ruote è nato un progetto rivoluzionario: lo scorso inverno sono state fatte le prime sperimentazioni di una pista ciclabile riscaldata.

Funziona più o meno come i sistemi di riscaldamento a pavimento usati in tanti edifici: un tragitto di tubature a 50 metri di profondità rilascia il calore accumulato tramite pannelli solari sciogliendo neve e ghiaccio sulle piste ciclabili e rendendo confortevoli gli spostamenti per i ciclisti. Per ora il progetto è ancora in fase di discussione e i costi di realizzazione sembrano piuttosto elevati ma fa ben sperare l’atteggiamento di un paese come l’Olanda da sempre sensibile al tema della salute pubblica e della tutela dell’ambiente.

Altro progetto innovativo sul tema della sostenibilità è quello lanciato nel 2012 sempre in Olanda dall’azienda Tolkamp Metaalspecials. Si tratta di un multi-tandem con undici postazioni pensato per accompagnare i bambini a scuola. Uno solo è il posto di guida – occupato dall’insegnante che conduce il bus mentre tutti i passeggeri pedalano. Il ciclobus è stato prodotto e testato in alcune scuole pilota e sembra che il test sia andato a buon fine (una divertente fotogallery è disponibile all’indirizzo http://www.tuttogreen.it/fotogreen/bicibus-in-olanda/Un+primo+piano+del+bicibus+olandese/53063/2772/ ). Dopo la sperimentazione in diversi paesi europei del pedi-bus, potrebbe essere questo un metodo divertente ed ecologico per educare i bambini fin da piccoli al rispetto dell’ambiente e della loro salute.

La storia delle cose

«The story of stuff » è un documentario pubblicato on line il 4 dicembre 2007 da Annie Leonard. L’autrice – ex attivista di Greenpeace – racconta come il ciclo di produzione dei beni di consumo – un sistema lineare che prevede risorse virtualmente infinite – non sia sostenibile dal pianeta terra. Il documentario tratta delle diverse parti del ciclo di produzione degli oggetti – estrazione, lavorazione, distribuzione, consumo, smaltimento – mettendo in luce i problemi ecologici ma anche di giustizia nei confronti dei produttori. Annie Leonard è stata criticata per la poca obiettività e lo spirito decisamente anti-americano: il documentario richiede uno sguardo critico (la situazione descritta è in effetti quella delle multinazionali americane, non necessariamente identica alla situazione di altri paesi) ma gli spunti lanciati sono decisamente interessanti.

Buona visione.

http://www.youtube.com/watch?v=fZdGPRThjrA/

 

Il cibo che viaggia: idee per mangiare sano e inquinare meno.

frutta_verdura

Il banco ortofrutta del supermercato è sempre coloratissimo e invitante. Pomodori, mele, kiwi, arance e angurie sono lì ad aspettarci in ogni stagione. Buoni per la tavola, ma qual è il costo che il sistema terra ha pagato per permetterci di mangiare i mandarini a luglio quando i frutteti del sud Italia hanno smesso di produrli a marzo?

Probabilmente il nostro mandarino arriva dalla Spagna o dalla Turchia e per arrivare sulla nostra tavola ha macinato un bel po’ di chilometri. Pensiamo allora ad un tir carico di mandarini che dal sud della Spagna deve raggiungere il nostro nord Italia, possiamo calcolarlo facilmente con Google Maps: percorrerà circa 1380 km consumando all’incirca 1 litro di gasolio ogni 3 km. Sono 460 litri di gasolio che hanno prodotto Co2, hanno consumato pneumatici, hanno reso le strade rumorose e trafficate, tutto perchè noi potessimo avere il mandarino a luglio. Il viaggio è lungo e il frutto deve essere presentabile quando arriva a destinazione: sarà stato raccolto ancora acerbo e sarà maturato nella cassette perdendo così non solo parte del suo sapore, ma anche dele caratteristiche organolettiche date dalla amturazione naturale. Forse sarebbe stato meglio rinunciarci?

Evitare di contribuire a questo sistema si può, con alcune piccole attenzioni. La legge italiana obbliga i produttori a scrivere sull’etichetta di frutta e verdura tre informazioni: varietà, categoria e origine del prodotto. Se non vengono dall’Italia è meglio lasciar stare, ci sono sicuramente prodotti di stagione che hanno consumato meno risorse per arrivare fino al bancone del supermercato. Sul web sono diversi i siti che propongono tabelle con indicati i prodotti per ogni stagione, così da scegliere sempre secondo i ritmi della natura e non del mercato ( http://www.federconsumatori-torino.it/index.jsp?ixPageId=360&ixMenuId=109, per esempio). Altra soluzione è cercare i prodotti tipici della propria zona: ci sono sicuramente piccoli produttori diretti da cui rifornirsi senza passare per le grandi catene, magari attraverso i Gruppi di Acquisto Solidale (http://www.retegas.org/ ).

Andare a fare la spesa al mercato sotto casa è una buona soluzione, spesso sono gestiti da coltivatori diretti da cui si possono avere tutte le informazioni sui prodotti esposti. Attenzione però, anche il mercato rionale può non essere del tutto trasparente. Il rapporto 2013 del Movimento per la Difesa del Cittadino segnala che le irregolarità sull’etichettatura dei prodotti nei mercati rionali sono in aumento. Su 307 banchi visitati in Basilicata, Campania, Calabria, Lazio, Marche, Toscana e Veneto solo il 22% espone tutte le informazioni previste dalla legge, mentre l’anno passato la percentuale era del 24%. Il rischio è di comprare prodotti importati spacciati per locali o generici etichettati come biologici o ancora merce comune spacciata per DOC o DOP.

Forum Futuro ai blocchi di partenza. Quale economia per quale futuro?

Far ripartire la crescita, rilanciare i consumi, far «girare» di nuovo l’economia. I mantra post-moderni di un occidente in crisi. Sui media e nei forum economici si parla di «uscita dalla crisi» riproponendo la crescita come unica ancora di salvezza e la ripresa della produzione come panacea per una società in crisi d’identità. Purtroppo gli effetti del dogma della crescita sono sotto gli occhi di tutti, per quanto sia facile girare la testa o cambiare canale per non vedere: cambiamenti climatici, allargamento della forbice tra nord e sud del mondo e tra ricchi e poveri nelle nostre città, guerre per il controllo delle risorse. Siamo sicuri che sia questa l’unica strada percorribile? Chi ha deciso che il futuro del mondo debba essere questo?
Ne discutono sabato 20 aprile Enrico Burlando e Angelo Tartaglia nella prima serata di «Forum Futuro» dedicata a «Crisi economica/crisi ambientale. Dove stiamo andando?».

Viviamo in un mondo di risorse che crediamo infinite. Proprio come i bambini che rimandano l’inizio dei compiti delle vacanze fino all’ultimo, per ricordarsene il giorno prima dell’inizio della scuola e cercare la sera prima di salvare almeno la faccia. L’inizio della scuola non ha per noi una data precisa ma è fatto di tanti segnali che la terra sta lanciando: le risorse naturali con cui sono fatte le cose che mangiamo, usiamo e con cui ci vestiamo sono irrimediabilmente limitate. Abbiamo un solo pianeta da dividerci, è tempo di accettarlo e comportarsi di conseguenza.
Dalla seconda rivoluzione industriale l’occidente ha creduto di poter aumentare la produzione di beni indefinitamente, e così è stato in effetti fino all’inizio del XXI secolo. Gli elettrodomestici dal boom degli anni ’60, le griffe americane, i fast food, le tecnologie sono beni che i nonni dei nostri nonni non si sarebbero immaginati e che oggi viviamo come protesi dei nostri corpi. Ciò di cui ancora non siamo consapevoli è che c’è chi sta pagando per la nostra opulenza: l’ambiente per primo sta vivendo un impoverimento che per certi versi ha già superato la soglia dell’irreversibilità. Stiamo per raggiungere il fondo del barile dopo esserci ingozzati per decenni convinti che la pacchia non sarebbe mai finita. La dimensione realmente globale raggiunta dall’economia e dalle comunicazioni ci obbliga a tenere conto di quel «dark side» della produzione fatto di sfruttamento umano e ambientale, del peso sull’intero pianeta che hanno i nostri comportamenti quotidiani (non vi siete mai chiesti come sia possibile pagare pochi euro per della frutta che ha viaggiato per migliaia di chilometri?). È di questi giorni la notizia che l’Australia stia lavorando per riconoscere legalmente lo status di «rifugiato ambientale» per coloro che sono costraetti ad emigrare a causa dei drammatici mutamenti climatici (http://www.guardian.co.uk/environment/2013/apr/16/australia-climate-change-refugee-status ).
È dunque ragionevole credere che un sistema a crescita indefinita non sia più sostenibile. La grande sfida sta nel pensare un’economia nuova, che tenti di reinventarsi per la stabilità, come il sistema-terra che mantiene da sè l’equilibrio tra produzione e rigenerazione delle risorse.